Elezioni regionali, l’incognita affluenza. “Non mi sorprenderebbe l’astensione oltre il 50%”

Firenze, 12 settembre 2025 – Nel settembre 2020 andò così: Eugenio Giani eletto governatore Pd con il 48% e il centrodestra guidato dalla zarina della Lega Susanna Ceccardi sconfitto, pur toccando la storica vetta del 40%.
Professore Alessandro Chiaramonte, la sua sfera magica cosa prevede per le regionali del 12 e 13 ottobre?
“Poggiamo l’analisi sui numeri delle passate tornate, bastano le Europee del ‘24. Il centrosinistra formato campo largo parte in netto vantaggio, tra il 52 e il 55% contro il 40 del centrodestra. Coi sondaggi che circolano, salvo sorprese, Giani stacca Tomasi di una decina di punti”.
Questo il verdetto dell’accademico, ordinario di Scienza Politica alla Cesare Alfieri di Firenze. Come si (ri)presenta Giani all’appuntamento elettorale?
“Come un presidente che ha speso bene 5 anni di governo nella costruzione di una base di consenso che oggi può riscattare. Cinque anni fa la propria forza politica era in divenire, meno radicato sui territori ma molto noto a Firenze. Senza i voti del capoluogo non avrebbe vinto la presidenza”.
E lo sfidante di FdI Alessandro Tomasi?
“Ricorda il Giani del 2020. Sindaco molto apprezzato a Pistoia che ancora deve faticare per conseguire un consenso più ampio fuori dalla sua città. Sarebbe stato opportuno per il centrodestra ufficializzare la candidatura molto prima che a 40 giorni dal voto, per consentirgli una campagna lunga, muovendosi in Regione per farsi conoscere e tessere rapporti. Temo faticherà a rimontare”.
Mini campagna estiva e spezzatino elettorale delle 5 regioni al voto. Due indizi che fanno la prova di un’affluenza sotto il 62% del 2020?
“Nella domanda c’è già la risposta. L’auspicio è che si rimanga sopra il 50%, ma non sarebbe eclatante scendere al di sotto. Cito l’Emilia, altra regione storicamente nobile come la Toscana in termini di partecipazione, al voto nel 2014: nessun election day e tornata in autunno. Bonaccini si impose su Fabbri, ma votarono il 37% degli emiliani”.
Veniamo ai flussi elettorali: prevede travasi di voti da destra verso sinistra e viceversa?
“Direi piuttosto all’interno dei blocchi elettorali. Il travaso ci sarà sicuro dalla Lega a Fratelli d’Italia, perché i rapporti di forza nel centrodestra si sono nel frattempo rovesciati. Quanto al Pd, nell’epoca d’oro veleggiava verso il 50%, oggi non è più autonomo. E forze con elettorati sovrapponibili come Avs e 5Stelle si attestano tra il 5 e il 7%. Qualcosina meno la lista riformista di Giani”.
Ha contribuito alla stesura di una legge elettorale che in alcune sue parti ha definito fiorentinocentrica. Il listino bloccato opzionato dal Pd e dalla Lega è il colpo di grazia per le lande ai confini del regno di Firenze?
“La premessa è la clausola di salvaguardia territoriale fissata dalla legge elettorale: qualora nessun partito ottenga seggi in una circoscrizione, uno va in automatico al partito che in quella circoscrizione ha preso più voti”.
Il Pd in quali circoscrizioni rischia di più?
“Il fatto che guidi un’alleanza che va da Italia Viva al M5s significa che col premio di maggioranza la torta rimane la stessa ma le fette da dividere sono più numerose. Perciò il gruppo Pd passerà da 22 eletti a 16/18. Con un listino bloccato a tre, Massa rischia. Per questo uno dei tre ‘blindati’ - il sindaco di Montignoso Gianni Lorenzetti, ndr - è espressione di quel territorio. Ipotizzando 16 eletti, il minimo, scatterebbe almeno un seggio nei quattro collegi di Firenze. Mentre due eletti nel solo collegio di Firenze 1 (città) farebbero saltare Grosseto, ma è dura”.
La Nazione